in quel mondo era inevitabile che una bicicletta portasse sulla strada di mille avventure, ma anche di qualche disavventura; come quella volta che teneva al guinzaglio full, il cane dalla cooperativa: questo se lo trascinò nell'acqua del "bolagnus", un grosso canale che raccoglieva le acque in uscita da porta romana. sapeva a malapena stare a galla, ma fortunatamente qualcuno vide la scena e lo tirò subito fuori dal fosso.
tutte le mattine si faceva una pedalata fino a pavia e poi tornava e andava al lavoro. o almeno cosi' mi aveva sempre raccontato... confesso che qualche dubbio in proposito mi è sempre rimasto... mah... forse non arrivava proprio fino a pavia... insomma... tra andata e ritorno ci sarebbero volute almeno due ore e mezza se non di più... mah!comunque un certo allenamento ce l'aveva. infatti una volta parti' in gruppo coi suoi amici, per andare a trovare un fratello in cura a taceno, in valsassina. per buona parte del viaggio fu accompagnato da una banana che proprio non voleva saperne di andare oltre lo stomaco. piu' entusiasmante fu senz'altro il viaggio in riviera. stavolta andavano a trovare il fratello di un'altro del gruppo, che era militare in liguria. va tenuto conto che la strada era sterrata e la bicicletta pesante e con due soli rapporti: quello da pianura, da una parte della ruota e quello da salita sull'altro lato. per cambiare "bastava" scendere, smontare la ruota, girarla e rimontarla. ...proprio niente a che vedere con le bici attuali. prima di ovada sfruttarono la scia di un camion. poi pero', in queste condizioni risalire il turchino fu un'impresa non da poco. ma guarda il mondo quant'è piccolo: una volta in discesa, non ti va ad incontrare proprio il suo "padrone"? "cosa fa qui, non dovrebbe essere a lavorare?" gli domanda quello. ma lui subito "mi? lu s'el fa chi!" il fatto è che il signorotto, dopo aver lasciato la moglie a milano a mandare avanti la bottega se ne stava andando in riviera con una dolce, ma clandestina compagnia. così, vistosi scoperto, il marito infedele dovette far buon viso a cattivo gioco e lasciar perdere.
passarono gli anni venti e gli anni trenta e angelo mise su famiglia. poi arrivò la guerra. l'8 settembre del '43 era ancora in liguria, a genova a far la guardia all'ansaldo. guardia? aveva il moschetto, quello della prima guerra, ma non le munizioni: se anche fosse arrivato qualche nemico cosa avrebbe potuto fare? veramente quel giorno non arrivò neppure il cambio. dopo un po capì che doveva esser successo qualcosa e andò a cercare l'altro che montava con lui. che facciamo? decisero di tornare al corpo di guardia. qui ebbero una sorpresa: tutti gli altri, toltesi le divise si erano messi la tuta degli operai dell'ansaldo. gli spiegarono come stavano le cose e che bisognava filarsela per non farsi beccare dai tedeschi. ma per loro due non erano rimaste tute. andarono verso la città e si separarono. poco dopo angelo si sentì chiamare da una donna: militare, militare, venga qui! -per cortesia signora, non mi faccia scherzi, che ci ho famiglia! -no,no, faccio così perche' anch'io ho un figlio militare e spero che qualcuno faccia lo stesso con lui. in effetti la buona donna gli diede degli abiti civili. una volta rivestitosi, andò alla stazione, dove vide i suoi commilitoni in tuta da operai, tutti catturati dai tedeschi e incolonnati per esser portati via. sali' sul treno per milano. poco dopo un soldato tedesco gli punto' una pistola enorme sotto il naso dicendo "komm!". "no, mi vo no a com, vo a milan!". si alzo' come per scendere, ma vedendo fuori la colonna dei prigionieri e che quel soldato non lo stava controllando, scantonò nell'altro vagone. finalmente dopo altri controlli il treno parti'.
nell'italia del dopoguerra e in quella del boom, per lui ci non ci fu altro che lavorare. il padrone per cui faceva borsette lo obbligo' a mettersi in proprio. cosi', al posto della vecchia bicicletta a pedali ne prese una a motore, per esser piu' rapido nel giro delle consegne. d'altronde avere una famiglia da mantenere voleva dire aver tempo solo per lavorare. fino alla pensione.
...e siamo ormai agli anni settanta. la luce seppia chiaro che ha intonato finora le immagini della mia mente trascolora verso il bianconero di una fotografia. angelo e' al parco, seduto su una panchina tra i suoi due nipotini. con lo sguardo sorridente e fiero, tiene la mano di mio fratello, che era seduto alla sua destra, mentre a sinistra ci sono io, sulla biciclettina che ci aveva regalato e che usavamo a turno: quasi un passaggio di testimone da nonno a nipoti. e ancora, quando succedeva qualcosa di incomprensibile e i pedali giravano a vuoto, aspettavamo con ansia il suo arrivo: metteva la bicicletta sul tavolo, apriva il carter togliendo tutte le viti, rimetteva al suo posto la catena caduta e finalmente ci riconsegnava la due ruote di nuovo funzionante.
qualche anno dopo provo' a risalire in bicicletta, ma quel flusso colorato e fumante di auto che gli sembrava dilagare tutt'intorno lo spavento' e si arrese definitivamente. si puo' capire: nacque nel 1908, quando c'erano ancora l'imperatore d'austria e lo zar di russia ed è arrivato fino al 2004, nell'epoca in cui, in pochi secondi, si puo' comunicare con l'altra parte del mondo. le possibilita' di adeguarsi a cambiamenti tanto profondi e rapidi vanno sicuramente al di la della portata della semplice vita di un essere umano.
1 commento:
ciao nonno
saranno 4 anni il 19
e pensa che hai fatto in tempo a prendere in braccio la tua bisnipote, figlia di uno di quei due monelli insieme a te in quella foto al parco...
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